La storia |
Il territorio, uno dei più belli dell'Appennino Tosco-Romagnolo è anche definito, con ragione, «intriso» di storia. E se fu sempre un Distretto di Frontiera, ebbe in sorte di patire tutte le travagliatissime vicende proprie d'ogni terra di confine. Terra «compressa» fra una Romagna riottosa e una Firenze che, con milizie e fiorini, demolisce e compra castelli. Terra in cui un cumulo disordinato di feudi esige un tributo per ogni bene e ovunque dissemina rocche, corti (fattorie protette), bastìe, tombe (casolari fortificati), dogane. Né dobbiamo spremer molto l'immaginazione per veder inserite, nella vita di genti tormentate, le violenze di milizie mercenarie e di scherani, grassatori, briganti da strada. E ancora, di bande raccozzate per l'esercizio del taglieggio o del contrabbando, lungo le vie commerciali (in realtà mulattiere) del grano o del prezioso sale di Cesena. L'epoca feudale è dominata da due poderose Famiglie, con più nodi imparentate fra di loro, che incarnano (in vizi e virtù) il carattere ferreo del loro tempo: gli Ubaldini e i Pagani di Susinana. Molti fatti riguardanti i primi appaiono oggi guastati dallo «storico» cinquecentesco della Famiglia, Giovan Battista Ubaldini: perciò si deve parlare di leggende. Fra queste, la tanto celebrata attribuzione, da parte di Federico Barbarossa, dell'Arme (insegna gentilizia), la cui descrizione araldica è: «d'azzurro o di rosso al riscontro (cioè con la sola testa vista di fronte) di cervo d'oro sormontato, fra le due corna, da una croce». Arme interessante: nel bestiario medievale il «palco» delle corna di cervo simboleggia l'albero della vita e richiama, quand'è unito alla croce, l'arte alchemica (si pensi ai Santi Eustachio e Uberto).Comunque sia, già prima del Mille gli Ubaldini son padroni dell'Appennino e della Romagna Toscana; ma anche di una buona fetta del Mugello,parola (dal latino Mucillum) che per gli scrittori fiorentini significa un territorio che giunge ai confini d'Imola e Bologna. La Famiglia ha moltissime ramificazioni (alcune giunte fino ai tempi nostri) e vanta personaggi singolari: il Beato Rustico, il Beato Benedetto, la Beata Chiara. E il Cardinal Ottaviano (ghibellino per sangue e cuore ma partigiano del Papa), l'Arcivescovo Ruggeri, Ubaldíno della Pila...che impietosamente tra Inferno e Purgatorio. Ma le figure che più s'attagliano alla nostra storia appartengono alla Famiglia dei Pagani, già noti poco dopo il Mille come Signori di Castel Pagano (Castrum Pagani) a sud-ovest di Mercatale. Ebbero una formidabile dimora nel castello di Susinana: da cui l'appellativo de «Suxenana» o de «Sosenana».Si veda il celeberrimo Maghinardo, uomo di non facile lettura, affascinante contraddittorio. Affidato dal padre alla «tutela e benevolenza» di Firenze, sposato con la ricca fiorentina Mengarda della Tosa, a più riprese è Capitano del Popolo a Faenza, e Signore di Forlì. Con i ghibellini Azzo d'Este Uguccione della Faggiola espugna Imola (il suo «chiodo fisso»), ed è sotto bandiera ghibellina che combatte i Bolognesi per sottomettere Forlì. Ma a Campaldino (nel 1289) è con la coalizione guelfa e a Firenze, con Carlo di Valois, parteggia per il Papa. Per aver difeso la fazione dei Neri e Papa Bonifacio VIII Dante lo odia. Eppure Maghinardo nutrì un sogno: l'unità politica delle vallate di Lamone Santerno. Conosciamo la sua Arme, che è «d'argento, al leone azzurro, linguato, armato e bordato di rosso», spesso rappresentata con un poco credibile scudo cinquecentesco «a testa di cavallo». Una curiosità: qualcuno ha raffigurato le lotte secolari fra le «maledette fazioni» di Guelfi e Ghibellini (nomi d'una ambiguità senza pari) come scontro fra i due animali «principi» dell'Araldica: il leone e l'aquila (tradizionale emblema dell'Impero). Ma è un gioco di parole. I ghibellini Guidi (parenti degli Ubaldini) hanno il leone, ma í 'ghibellini Tarlati di Pie tramala hanno un'aquila nera; e l'aquila è nello stemma della guelfa Borgo Tossignano. Faenza sfoggia anch'essa un Leone, e Firenze, per «par condicio», alternò in vari modi i due emblemi; Imola infine presenta il Grifone (mezzo leone e mezzo aquila)!Ai Pagani si dice sia legato lo stemma comunale di Palazzuolo: il busto di donna uscente dal castello d'argento sarebbe quello di Madonna Marzia, detta Cia, figlia di Vanni da Susinana, sposata a Francesco Ordelaffi di Forllì. Nel 1375, con una schiera di 200 cavalieri e masnadieri, difende Cesena dalle milizie papaline di Roberto Alidosi e del Cardinale Alvarez Camillo d'Albornoz. L'intrepida castellana, fonte di curiose leggende e nenie popolaresche, è nipote di Maghinardo, morto (con la probabile angoscia di non lasciare figli maschi) l'anno 1302, nel castello di Benclaro. Nel suo stupefacente testamento, il «diabolica» Capitano (che forse appartenne all'Ordine del Tempio) detta la volontà d'esser sepolto in abito vallombrosano nella chiesa di S. Maria di Rio Cesare, annessa al Monastero di Susinana. Ed è qui che s'innesta la famosa leggenda. Il feretro, con dentro una spada dall'elsa e dai fornimenti d'oro, giacerebbe in una cripta, «là dove la terra riceve il primo bacio del sole». Una volta l'anno,all'equinozio di primavera, un raggio di sole, filtrando attraverso un pertugio, svelerebbe il luogo del sepolcro... Certo è che la Badia di Susinana, bella e austera, è un luogo di grande fascino. Nata prima dell'anno Mille come abbazia benedettina, subisce tutti i ritmi alternativi e le luci e le ombre della Storia. Luogo per «Ora et labora» dunque, e asilo di pellegrini; ma anche ricetto di avventurieri, e focolaio di eresia nicolaìta. Il periodo aureo è quello a cavallo fra XVII e XVIII secolo, anche se nel 1680 l'Abate è Vicario della «Santa» Inquisizione a Palazzuolo. Segue la soppressione per decreto napoleonico e un lungo inarrestabile decadere: fino all'agonia di mezzo secolo fa, quando servì da Ospedale e da magazzino per le truppe dell'ottava Armata del Maresciallo Alexander. Così, come ai tempi della Gran Compagnia di Fra' Moriale, il distretto di Frontiera fu di nuovo calpestato e sconvolto da soldatesche; stavolta appartenenti ad un numero incredibile di nazionalità: Tedeschi, Inglesi, Polacchi, Punjabi, Mahratti, Sikhs, mercenari Gorkhas, Turckmeni... Perché il modestissimo Senio, per errori tattici, fece ristagnare il fronte lungo la linea Gotica, così battezzata in rimembranza del conflitto fra Bizantini e Ostrogoti nel VI Secolo. Infine, il nome Susinana, se pur evoca le azioni truculente e la spregiudicatezza politica di Ubaldini e Pagani, gode tuttavia d'un etimo poetico e insieme agreste: LUOGO COLTIVATO A SUSINI. (notizie tratte dal sito www.badiadisusinana.it) |
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